EREMO DI SAN COLOMBANO

Eremo di San Colombano-POGGIO CONTE

DA TAGES

Al ponte di S.Pietro, sul fiume Fiora (comune di Ischia di Castro), un cartello segna la via che conduce a Poggio Conte. Seguendo le indicazioni (incomplete) si arriva ad una gola vulcanica protetta da un fitto bosco ceduo.
In questa sperduta e selvaggia località si trova un monumento unico, preziosa testimonianza della spiritualità cristiana di età templare (XIII secolo), L’eremo, in realtà, è una chiesa rupestre ricavata dall’ampliamento di una grotta, probabilmente un luogo sacro etrusco. Accanto alla chiesa una cascata va a scrosciare sopra un grande masso scuro, a forma piramidale. Il sito, abbandonato da sempre, rischia di crollare e di scomparire definitivamente. Data l’unicità dell’opera, sarebbe una perdita gravissima.


La chiesa rupestre
Nei pressi della chiesa sorgeva il convento di S. Colombano, santo patrono dell’Ordine del Tempio. Da alcuni documenti d’epoca si sa che uno sparuto gruppo di “eremiti” si prendeva cura della chiesa, teneva un orto e riceveva offerte (uova, formaggio, …) dai contadini locali. Ma, osservando gli affreschi e l’architettura della chiesa, si rivela una realtà molto particolare: qui vennero a lavorare architetti e artisti non comuni, specializzati nella cosiddetta arte di stile “gotico” e conoscitori di un simbolismo raro, probabilmente di ispirazione templare. Un triangolo con il vertice verso il basso è inciso su un pilastro e su una cornice, all’esterno. Le “vele” della volta a crociera, sono affrescate con simboli floreali e sessuali, più o meno esplicitamente. I massicci pilastri ricordano le cattedrali gotiche d’oltralpe. La preziosità dell’ambiente, la vicinanza alla cascata e al Fiora, raccontano di una scelta non casuale.


Il sito, come suggerito da esperti di liturgia medioevale, fu un importante luogo di culto etrusco connesso alla sacralità delle acque. Luogo di cure, miracoli e guarigioni, cristianizzato da monaci specializzati nella conoscenza delle arti benefiche alla salute.
In un secondo locale, accanto alla chiesa rupestre, si vedono nicchie con singolari cornici e modanature. Una larga nicchia semisferica, sopra la grotta, era forse orientata verso il tramonto equinoziale, come ugualmente l’oculos circolare (il ‘rosone’) dove il raggio di sole penetra a illuminare l’interno della chiesa.
 

EREMI

LA CUCCUMELLA

La Cuccumella di Vulci  PDF Stampa E-mail
di Romolo Rossi   
D.H. Laurence nel 1927 visitò un misterioso tumulo chiamato dagli abitanti della zona “Cuccumella” che si ergeva nella piana di Vulci.
Veduta della Cuccumella (Incisione su rame di Luigi Maria Valadier, 1830)
Veduta della Cuccumella (Incisione su rame di Luigi Maria Valadier, 1830)

Quando nel 1927 il narratore, poeta e saggista inglese David Herbert Laurence, pensatore libero, appassionato amante dell’Italia, alla ricerca di rivalutazioni degli aspetti naturalistici della vita, in opposizione alle regole coercitive delle morali. Visitò i luoghi dell’antica Etruria, attratto dalle città perdute, dalle necropoli abbandonate nelle campagne polverose, dai resti della storia di un popolo raggiungibili solo con tortuose strade bianche, a dorso di mulo. Si spinse nelle allora desolate campagne Maremmane e giunse a Vulci epicentro della zona e della terra d’Etruria.
Qui venne portato a visitare un misterioso tumulo chiamato dagli abitanti della zona “Cuccumella” che nel dialetto locale significa un rigonfio su un piano, una crescenza che straborda da un contenitore. Questo era l’aspetto di questo monumento.
Trovò un tumulo ricoperto di vegetazione e quasi protetto da intricati cespugli di rovi, che costringevano a strisciare sotto graffianti passaggi come lepri, per raggiungere le entrate. Dove due strane sfingi di pietra stavano di guardia ai lati sopra due muretti.
Tutto intorno erano le mura di base a cerchio per un diametro di 65 metri e per un’altezza di un metro circa. Con 24 grifo di pietra che sostenevano la terra battuta a cono posta sopra, per un altezza di 20 metri. La quale terra poi caduta nel corso del tempo aveva fatto prendere alla costruzione l’aspetto di quel rigonfio che era stato chiamato dagli abitanti della zona Cuccumella.
Due erano le porte d’ingresso, una a levante ed una a ponente, forse una di entrata ed una di uscita.
Dentro trovò un labirinto di corridoi che descrisse come una specie di miniera con stretti passaggi che conducevano da nessuna parte (un labirinto). A volte apparivano delle specie di nicchie nelle pareti.
Cercavano una stanza sepolcrale al centro ma non trovarono niente di simile.
Quando nel 1829 venne aperto il tumulo da Luciano Bonaparte (principe di Canino e di Musignano), vennero descritte due stanze al centro, una rotonda ed una quadrata che si innalzavano verso il cielo come torri e presumibilmente scendevano nel sottosuolo poi riempite di terra per il crollo di parte delle due torri.
Sembrava di trovarsi dentro un’antica piramide egitta.
Se questa era una tomba era molto diversa dalle altre, il personaggio sepolto dentro doveva essere molto importante, ma anche di cultura e religione diversa, vista la tipologia delle tombe d’Etruria.
Non furono trovate tombe periferiche, niente al centro, solo lunghi ed interminabili corridoi e cunicoli bui.
Largo 65 metri alto una ventina, con la terra battuta addosso alle due torri, una tonda ed una quadrata, costruiti con sassi senza muratura. La punta rivolta verso l’alto, sprofondavano poi nel terreno per altri 20 metri. Delle scale a lato della torre tonda, scendevano giù fino al fondo, mentre la torre quadrata aveva due aperture. Due porte sul piano del terreno, (una d’entrata e una d’uscita?). Forse delle assi di legno a mo di ponte servivano a traversare da una parte all’altra senza cadervi dentro, durante il labirintico percorso, o forse si doveva saltare? Forse faceva parte delle prove che si dovevano superare nel percorso iniziatico? Le torri non avevano nel loro interno nessuna apparente possibilità di salita o discesa.
Tutto il complesso all’esterno era stato innalzato con pietre di contenimento e terra di riporto, ma all’interno era stato scavato direttamente nella roccia. Gli archi e le nicchie erano ben costruiti con la tipica architettura solida e di bell’aspetto delle costruzioni Etrusche.
Sulla sommità le torri erano aperte come alla ricerca di cieli lontani… nell’intenzione di captare e incanalare le energie celesti (quasi come le antenne radio nel mondo moderno), e i segnali che il cielo mandava. La parte delle torri che sprofondava nel terreno era alla ricerca delle energie della grande madre terra. Elementi unificatori, quindi, tra cielo e terra, questo erano, in una congiunzione di forse energetiche opposte, come in un matrimonio divino. Operavano una magica trasmutazione per la “nascita” di energie superiori…(per il sapere, per la purificazione dell’anima, per la guarigione corporea…).
Un labirinto di cunicoli bui per raggiungere il centro, punteggiato da soste, con strani animali minacciosi e specie di costellazioni del cielo disegnati e scolpiti nelle pareti. Forse rischiarati da rare torce, nel buio e nel silenzio della terra, con incensi e profumi vari magari nelle nottate più propizie di lune piene o temporali. Tutto questo era come una chiave d’ingresso, una chiusura di mistero e paura che non permetteva a chiunque di entrare. Ma era anche un percorso per iniziati alla ricerca del sacro, del magico e dell’immortalità.
Rappresentante il difficile cammino della vita labirintica e complicata degli umani, dove ci si perde e si muore, ma secondo il rituale serviva ad esorcizzare il potere distruttivo del ciclo vita-morte e rinascere a nuova vita all’altra uscita dove si era accolti nella sfera dei rinati e delle anime immortali. Anime capaci di esercitare il sacro e con potere di guarigione, in grado di comunicare con il divino per sapere e chiedere come una congiunzione tra gli dei e gli uomini…si entrava a levante e si usciva a ponente?...o viceversa?...
Questo monumento è stato edificato al centro della necropoli di Vulci ora
nel territorio di Canino. Sul lato sud a circa una cinquantina di metri troviamo una specie di vasca dove si notano anche dei posti per stare seduti. È ipotizzabile che vi si potessero fare dei bagni di energie rigeneratrici una parte forse della grande energia che produceva la Cuccumella e che era fruibile anche dalle persone più comuni, magari sotto la sorveglianza e il controllo degli iniziati.
Un po’ d’anni fa sono iniziati dei lavori, con gran numero d’operai, lavori di ricerca e di recupero. Io speravo di poterne sapere di più di quest’importante monumento unico nel suo genere. Ma stranamente dopo aver aperto tutta la struttura, scavato e rimosso parte delle torri e parte delle strutture è stato chiuso al pubblico e i lavori si sono interrotti.
Speriamo che riprendano al più presto e speriamo di poterlo includere tra i monumenti visitabili dal pubblico. Auspicando che si possa sapere qualcosa in più di questo monumento unico nel suo genere, e di riuscire a sapere di più di questo per certi aspetti ancora misterioso popolo che erano i nostri avi Etruschi.

CUCCUMELLA
Antico tempio vulcente


Nel buio e labirinto
Dove ardevano le torce
L’incenso mostrava l’ombra.
Nuove svolte avevano gli occhi,
Ogni visione indomita
Squarciava
La tempra oscura
Del grande silenzio…

E parole recitavano,
E voce rispondeva,
Con alto desio
Del Dio
Nel cuore ardeva
La gran fiamma.

E parole dicevano
Con eco di voce
Che sembrava che rispondeva…
Avveniva che s’udiva
Di figura che appariva
A dar prova.

Con le braccia terze
Levate supplicando…
Andavano a super
La grande prova…
In pace santificata
Fino a riveder
L’antico sole.

Costume e ingegno
Creduti e manifesti
Sul pianto e sulla morte
Magnificavano
La vittoria…
Rinati a nuova vita
S’incamminavano…
Per l’eternità.